Settembre segna per molti il ritorno alla routine dopo la pausa estiva. È proprio in questo periodo che tanti lavoratori si accorgono di avere ancora delle ferie residue o si chiedono come funzionino davvero: quante ne spettano, entro quando vanno utilizzate, se il datore può negarle o se, al contrario, può imporle.
Il diritto alle ferie non è un “favore” del datore di lavoro, ma un diritto fondamentale riconosciuto dall’articolo 36 comma 3 della Costituzione. La norma è chiara: ogni lavoratore ha diritto a un periodo annuale di riposo retribuito e non può rinunciarvi. Le ferie servono infatti a recuperare energie, a tutelare la salute e a garantire un equilibrio tra vita professionale e personale.
Quante ferie spettano davvero
Il Decreto Legislativo n.66/2003, all’art.10, stabilisce un minimo di quattro settimane di ferie retribuite all’anno. Alcuni contratti collettivi (CCNL) prevedono giorni in più, soprattutto in settori dove l’impegno lavorativo è particolarmente intenso.
In generale, le ferie si maturano mese per mese, in proporzione al lavoro svolto: chi lavora tutto l’anno ha diritto all’intero monte ferie, mentre chi inizia o termina il rapporto a metà anno matura solo la parte proporzionale.
Un esempio pratico: se il CCNL prevede 26 giorni di ferie all’anno e il lavoratore ha prestato attività per sei mesi, avrà diritto a 13 giorni.
Chi decide quando prenderle
Molti lavoratori pensano che siano liberi di scegliere quando andare in ferie, ma non è esattamente così.
La legge prevede che sia il datore di lavoro a stabilire il periodo di fruizione, tenendo conto delle esigenze organizzative dell’impresa ma anche di quelle del dipendente.
In pratica, occorre trovare un equilibrio: il datore non può negare del tutto le ferie, ma può organizzarle in modo da non compromettere l’attività aziendale. Allo stesso tempo, il lavoratore non può decidere autonomamente di assentarsi senza accordo.
Un aspetto importante riguarda la malattia durante le ferie: se sopraggiunge un’infermità che impedisce realmente di godere del riposo (ad esempio, un ricovero ospedaliero), quei giorni si trasformano in malattia ed il conteggio delle ferie viene sospeso.
Cosa succede se non si utilizzano le ferie
Le ferie non possono essere “accumulate all’infinito”.
Il legislatore ha inoltre previsto che almeno due settimane vadano godute nell’anno di maturazione, mentre le altre due devono essere fruite entro i diciotto mesi successivi.
Se il lavoratore non riesce a utilizzare le ferie, la responsabilità ricade sul datore di lavoro, che può subire anche sanzioni amministrative. Infatti, è compito dell’azienda vigilare affinché il dipendente usufruisca del periodo di riposo.
Diverso il discorso in caso di cessazione del rapporto di lavoro: qui le ferie non godute non si perdono, ma devono essere pagate con una indennità sostitutiva. In pratica, il lavoratore riceve un importo pari alle giornate residue, calcolato sulla base della sua retribuzione.
Questo diritto sorge però solo a determinate condizioni: le ferie devono risultare effettivamente maturate e non fruite per ragioni non imputabili al lavoratore (ad esempio per decisione del datore di lavoro o per esigenze aziendali), mentre non spetta se il lavoratore ha scelto volontariamente di non usufruirne pur avendone avuto la possibilità.
Secondo la Giurisprudenza consolidata (Cass. 3021 del 10/02/2020), l’indennità è soggetta alla prescrizione ordinaria decennale, che decorre dal momento della cessazione del rapporto di lavoro. Ciò significa che il lavoratore può far valere il proprio diritto entro dieci anni dalla fine del rapporto, trascorsi i quali il datore di lavoro potrà eccepire la prescrizione.
Alcuni esempi concreti
• Il datore che nega le ferie: un’azienda non concede ferie a un dipendente per “motivi organizzativi” per più di due anni consecutivi. In questo caso, il comportamento è illegittimo e il datore rischia sanzioni. Il lavoratore ha diritto a fruire delle ferie e, in caso di cessazione del rapporto, anche al pagamento delle giornate non godute
• Le ferie non pagate alla cessazione: un lavoratore a tempo determinato conclude il contratto senza aver utilizzato 10 giorni di ferie. Alla fine del rapporto, l’azienda deve corrispondergli l’indennità sostitutiva, altrimenti può essere condannata in giudizio al pagamento degli arretrati, maggiorati di interessi e rivalutazione
Conclusioni
Le ferie non sono un lusso, ma un diritto primario, pensato per proteggere la salute del lavoratore e garantire il giusto equilibrio tra vita privata e lavoro. Conoscerne regole e limiti aiuta a evitare abusi e a tutelarsi in caso di mancato rispetto.
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